Perché la serie Tv Westworld piace poco ai gamers

 
Eppure ci dovrebbero essere tutti gli ingredienti più classici per conquistare le stereotipo del giovane-medio grande-consumatore di videogiochi. Ci sono gli androidi, c’è l’impronta dei romanzi di Philip Dick e il casino nella trama di Lost, ci sono i cow boy e gli indiani che fanno tanto Red Dead Redemption, e gli umani cattivi e cinici come solo nei videogame sono rappresentati. Il punto è che  Westworld se gli togli la filosofia spiccia dell’umanità nelle macchine è una mattanza da sparatutto (Fps). Nella serie gli umani pagano per entrare in un gigantesco parco dei divertimenti a sfondo Western  e fare quel che più gli aggrada alla popolazione di “residente” robot. Danno sfogo ai loro più bassi istinti. Nella pratica si traduce in scorribande, e stragi gratuite. Gratta gratta, è il giocatore che prende una pistola e gioca a sparare, a essere cattivo nel prendersela con i cattivi. Nei videogiochi non c’è mai un richiamo così esplicito e feroce alla vertigine del lato oscuro, si lavora di fino sulle ambientazioni ma poi l’azione è dettata da dinamiche di “tiro al piattello”. Quando va bene è un esercizio di riflessi vestito con una storia convincente. Quando va male è un “pum pum” frenetico dove il gioca a distruggere tutto. Un giocatore medio, diciamo uno come chi vi scrive, avrà massacrato decine di migliaia di bad guy governati dal computer. In Westworld questi “personaggi non giocabili” parlano e, come nella più classica letteratura fantascientifica, si ribellano. Sono classicamente i buoni, gli eroi, quelli per cui tifare. Non dico che il gamers si identifichi automaticamente nell’umano aguzzino che gode nel far soffrire l’androide in cerca di riscatto, umanità e affetto. Non dico neppure che ci sia una intenzione nella scrittura degli sceneggiatori. Ma qualcosa nella sua pancia del gamer si muove. Magari per eccesso di empatia o magari perché c’è qualcosa risuona quando “si mettono a terra” situazioni e dinamiche che appartengono all’esplorazione attiva propria del medium videoludico. L’effetto finale è che di Westworld si parla poco o con superficialità. E come se avesse toccato qualcosa che non abbiamo ancora “digerito”. Come quando si va al parco, in un’area cani, e non si fa troppa attenzione.