Entro 90 giorni sarà pubblicata la sentenza della condanna in primo grado di Google. Solo allora capiremo con certezza quali articoli della privacy sono contestati a Google. E solo allora capiremo la tesi dei giudici su un decisione che sta già facendo discutere tutto il mondo. Se Google dovrà occuparsi di verificare le "liberatorie" di chiunque compaia nei video pubblicati dagli utenti, allora sono veramente dolori. Significa segare via tutti quei contenuti che provengono dagli utenti e di cui non si hanno tutte le autorizzazioni. Secondo i legali che hanno difeso Google il principio sostenuto dai Pm, ovvero quello dell'obbligo di una censura preventiva sui contenuti pubblicati in rete non sarebbe stato accolto. Ma proprio qui sta il punto. I social network così come gli internet provider devono sono responsabilità dei contenuti che "trasportano"? La risposta è certamente sì ma a condizione che rimuovano i contenuti illeciti non appena informati della loro esistenza.
"La Legge Europea – sostengono quelli di Google – è stata definita appositamente per mettere gli hosting providers al riparo dalla responsabilità, a condizione che rimuovano i contenuti illeciti non appena informati della loro esistenza". Così avviene su Youtube per i contenuti coperti da diritto d'autore. PEr farla semplice, Google è un telefono o una emittente televisiva? Nè uno nè l'altra. Quello che potrebbe accadere e che sui cui è legito interrogarsi è cosa accadrà in casi di giudizio definitivo contrario a Google. Una delle ipotesi è obbligare Google a diventare un soggetto con gli stessi obblighi delle emittenti televisivi. Se così fosse il Decreto Romani troverebbe attuazioni per via giudiziale.Altrimenti Google così come Flickr e tutti quei social network che pubblicano contenuti generati dagli utenti dovranno chiedere all'utente di "autocertificarsi", in altre parole chiederanno se il contenuto rispetta la normativa sulla privacy. Il tutto potrebbe quindi ridursi a un bottocino da cliccare che rende l'utente unico responsabile dei contenuti che pubblica. Il che non sarebbe affatto male.