China Business News rivela che Google lunedì annuncerà il suo ritiro dalla Cina. La fonte è un funzionario che raccoglie la pubblicità del motore di ricerca. La notizia – non confermata da Google – potrebbe mettere fine a un tira e mola che dura da due mesi. La dichiarazione pilatesca della Clinton battuta in queste ore dalle agenzie lascia presagire che i giochi sono fatti. Hillary lasciando a Google ciò che è di Google ha fatto capire che tutto è nelle mani del management del motore di ricerca e che il governo non intende quindi premere ulteriormente. "Questa è realmente una cosa tra Google e Cina", ha detto a Bloomberg. Al di là quindi di un generico richiamo alla libertà di espressione da parte del segretario di Stato Usa, la battaglia di google per far togliere dalle sue ricerche i filtri del governo cinese sembra destinata a chiudersi con una porta che si chiude e con Microsoft e Baidu, il rivale cinese, pronte a spartirsi il 30% di quota di mercato lasciate libere. A rischio un centinaio di posti di lavoro e le attività di ricerca e sviluppo legate ad Android. Non è infatti affatto chiaro se Google se ne andrà parzialmente o completamente. Se, per così dire, rinuncerà solo alle attività di search o invece si porterà via tutto, lasciando posti di lavoro, asset e non pochi soldini. Nella seconda ipotesi il danno economico sarebbe di non poco conto. La Cina, ça va sans dire è un mercato formidabile in particolare per la telefonia mobile. Difficile pensare che Google con Android possa rinunciare a questa opportunità. Tuttavia, è evidente che non solo di business si campa. Il braccio di ferro di Google con la Cina non può che avere motivi-altri da quelli di mercato. Altrimenti non si spiegherebbe una posizione anti-censura che non vede al fianco di Mountain View nessuno dei giganti tecnologici occidentali sbarcati su suolo cinese. In due mesi non si è levato nessuna voce a difesa di Mountain View. Neanche un generico comunicato di solidarietà. Il tutto è passato (e sta passando) nel più classico assordante silenzio.
Va detto che la "ribellione" di Google ai filtri imposti dal governo cinese arriva dopo un attacco informatico. I pirati avrebbero violato la posta elettronica di utenti cinesi (scomodi) di gmail. Ma credere che il "gesto" di Google nasca solo come risposta a una violazione da parte di pirati informatici filo-governativi (è questa l'accusa) appare un po' semplicistico. Come è altrettanto poco credibile anche solo pensare che nel 2010 Google si sia svegliata una mattina e abbia deciso di combattere la censura in Cina solo per ragioni di coscienza civile. Evidentemente c'è qualche cosa sotto. Qualche cosa che non sappiamo. E che va tutto ricercato nella dichiarazioni di Clinton: gli Stati Uniti non alzeranno un dito. Tadotto: o hanno veramente intenzione di alzarlo (il dito) o sanno che il giochi non sono ancora finiti e c'è un do ut des che continiamo a non sapere.