Ora che l'amministrazione americana si è accorta dei disastri che stanno causando le guerre dei brevetti i giganti della Silicon Valley e dell'elettronica potrebbero non dormire sonni tranquilli. Ufficialmente nel mirino del governo federale ci sono i cosiddetti patent troll, aziende acchiappa-brevetti che rastrellano gli uffici della proprietà intellettuale per rilevare brevetti allo scopo di minacciare cause e trarre profitti con accordi di concessione. Questi orchetti-furbetti specialisti delle aule del tribunale potrebbero però essere il male minore. Da anni anche i big della Silicon Valley e dell’elettronica di consumo sono scesi su questo terreno a colpi di acquisizioni miliardarie. Chi non ricorda il colpo da maestro di Apple, Microsoft e altre internet company quando hanno soffiato a Google e Intel 6mila brevetti di Nortel Networks per la modica cifra di 4,5 miliardi di dollari (cash). E i 12,5 miliardi di dollari spesi da Google nell'agosto dello scorso anno per mettere le mani su 24mila brevetti di Motorola Mobility? Certo, il mercato all'asta dei brevetti è cosa antica, strumento di competizione dei grandi contro i grandi e dei grandi contro i piccoli innovatori che non hanno le risorse per pagarsi squadre di avvocati esperti nella proprietà intellettuale. Come presto si accorgerà l’amministrazione Obama il vero nemico dell’innovazione più dei patent troll è la normativa che regola i brevetti accusata di essere troppo vicina all’aristocrazia della Silicon Valley. Se non si dovesse mettere mano, l'innovazione rischia di diventare un mestiere per pochi.
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