Gli StoryBots sono creaturine colorate che sembrano bidoni della spazzatura. Vivno dentro i computer e rispondono a domande su come funzionano le cose. Sono diventati un fenomeno su Youtube (485mila view) e approdati subito dopo su Netflix nel 2016 dopo vinto premi a destra e a manca non ultimo il Daytime Emmy Award. Premetto le cose fatte per i bambini che vogliono essere intelligenti mi fanno piuttosto schifo. Di solito o assomigliano troppo agli insegnanti o troppo ai genitori. Lo vedi che sono nati per piacere a chi di lavoro si occupa di infanzia. E quindi tutti leccati, a prova di secchione, e spesso senza nulla di divertente. Un po’ come i giochi educativi che nella scatola devono scrivere “è divertente” per sottolineare che sono destinati ai bambini. Ecco StoryBots è realmente divertente. Hanno qualcosa dei Minions, escono dai canoni dell’animazione digitale classica, usano linguaggi e formati diversi, non hanno l’ansia di dire infanzia ogni frame e danno l’idea di avere alle spalle un sacco di lavoro. Probabilmente devono anche qualcosa ai Teletubbies ma parlano a bambini più grandi (3-8 anni) e sono dei mini-Quark per l’infanzia, nel senso che in ogni puntata rispondono a domande di scienza tipo, come crescono i fiori, come funzionano i vulcani, come ci si prende il raffreddore. Quella sui virus è straordinaria perché spiega tutto senza risultare forzatamente una semplificazione. Il bello è che non tratta i bambini da pirla e non scende a compromessi con l’urgenza di essere a tutti i costi divertente. Insomma, funziona. L’ho capito quando mi sono accorto che Zeno (3 anni) li ha preferiti a Ninjago. Il che ha dell’incredibile visto che i Ninjago sono il top assoluto. E devo dire che anche io li preferisco ai Ninjago. A volte.
Early childhood education for dummies: Zeno’s guide (3)
Gli StoryBots sono creaturine colorate che sembrano bidoni della spazzatura. Vivno dentro i computer e rispondono a domande su come funzionano le cose. Sono diventati un fenomeno su Youtube (485mila view) e approdati subito dopo su Netflix nel 2016 dopo vinto premi a destra e a manca non ultimo il Daytime Emmy Award. Premetto le cose fatte per i bambini che vogliono essere intelligenti mi fanno piuttosto schifo. Di solito o assomigliano troppo agli insegnanti o troppo ai genitori. Lo vedi che sono nati per piacere a chi di lavoro si occupa di infanzia. E quindi tutti leccati, a prova di secchione, e spesso senza nulla di divertente. Un po’ come i giochi educativi che nella scatola devono scrivere “è divertente” per sottolineare che sono destinati ai bambini. Ecco StoryBots è realmente divertente. Hanno qualcosa dei Minions, escono dai canoni dell’animazione digitale classica, usano linguaggi e formati diversi, non hanno l’ansia di dire infanzia ogni frame e danno l’idea di avere alle spalle un sacco di lavoro. Probabilmente devono anche qualcosa ai Teletubbies ma parlano a bambini più grandi (3-8 anni) e sono dei mini-Quark per l’infanzia, nel senso che in ogni puntata rispondono a domande di scienza tipo, come crescono i fiori, come funzionano i vulcani, come ci si prende il raffreddore. Quella sui virus è straordinaria perché spiega tutto senza risultare forzatamente una semplificazione. Il bello è che non tratta i bambini da pirla e non scende a compromessi con l’urgenza di essere a tutti i costi divertente. Insomma, funziona. L’ho capito quando mi sono accorto che Zeno (3 anni) li ha preferiti a Ninjago. Il che ha dell’incredibile visto che i Ninjago sono il top assoluto. E devo dire che anche io li preferisco ai Ninjago. A volte.