La rete, quella buona, è trasparenza, partecipazione e condivisione. La politica, quella buona, è confronto, compromesso e pragmatismo. Quantomeno in teoria: la reotrica degl internettiani e i modelli di decisione delle scienze politiche non descrivono mai la realtà. Nella pratica (e nella cronaca) la politica così come la Rete sono qualcosa di più sporco. Lo sa bene Grillo che ha vinto le elezioni denunciando corruzione e sporcizia dei poltici (e dei partiti). Lo sanno bene anche i tecnologi, gli ingegneri informatici chi progetta e usa i software "offerti" più o meno gratuitamente in rete. Con l'eccezione delle comunità open source, dietro i social network e i servizi più popolari non ci sono istituti di beneficienza ma mulinazionali, come Facebook, Twitter o ad esempio Google, aziende quotate che devono rispondere ai propri azionisti. Allora ha ragione Evgenij Morozov, l'intellettuale amatissimo da cinici e realisti, quando afferma su Repubblica.it che immaginare una piattaforma dove uno conta uno, senza controllo o tentazioni manipolatorie vuol dire non conoscere i software e le tecnologie: "…molte delle piattaforme online usate per l'impegno politico funzionano più o meno come scatole nere che nessuno può aprire e scrutare. La gente ha l'illusione di partecipare al processo politico senza avere mai la piena certezza che le proprie azioni contano. Non è esattamente un buon modello per la ridefinizione della politica…". Morozov non scopre nulla. Anche il migliore dei programmi può prevedere un amministratore del sistema che può abilitare o disabilitare funzioni. Come ha scritto Serena Danna sul Corriere le tecnologie usate da Grillo non sono buone e trasparenti solo per il fatto di essere usate da Grillo. Il blog si riduce a una piccola televisione se chi lo cura non risponde ai commenti. La rete è un abilitatore straordinario per promuovere l'incontro e la discussione. Ma discutere costa. Chiunque abbia partecipata anche solo a una assemblea studentesca lo sa. Prendere una decisione, misurare il consenso, stabilire gerarchie e priorità possono essere interpretate come regole di un software di indicizzazione. Gli informatici, gli sviluppatori lo sanno. Costruire una piattaforma trasparente e partecipata è possibile ma può essere inefficiente nel processo decisionale. La democrazia però non è un sofware ma un metodo. Come un programma ha dei bug che però non possono essere corretti con linee di codice. Fino a quando sarà espressione dell'uomo, del meglio e del peggio, dell'istinto e della ragione sarà una macchina nata per inefficiente. E inperfetta. Ma il miglior sistema che abbiamo.
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