Sei anni fa progettava al Cern di Ginevra l’Edg, l’European Data Grid, la rete di calcolo distribuito più grande d’Europa, il sogno di tutti gli scienziati che lavoravano sulla fisica delle particelle. Oggi è l’uomo di Microsoft dietro Venus-C, una cloud multidisciplinare e interoperabile progettata per la scienza insieme all’Unione europea. Un segno dei tempi: dalla Grid al cloud computing, due tecnologie diversissime tra loro che hanno e stanno rivoluzionando l’informatica. Lui, Fabrizio Gagliardi, oggi in veste di direttore della ricerca esterna di Microsoft Research per Europa e Africa, è ancora una volta al centro di una rete di calcolo distribuito che vuole far collaborare ricercatori e istituzioni e imprese. Ma questa volta l’idea in più è quella di virtualizzare il funding, i finanziamenti per la ricerca. «È una intuizione che ho avuto proprio osservando come funzionano i bandi di ricerca. Di solito tra la presentazione della domanda e il via libera passa almeno un anno. Ogni progetto poi comprende quasi sempre un "pezzetto" di calcolo che di solito si sostanzia in un piccolo cluster di server e computer. Dopo tre anni quando finiscono i soldi le macchine restano lì, nella migliore delle ipotesi vengono riutilizzate nella peggiore custodiscono i dati. Accedendo a tecnologie di cloud computing si possono immaginare forme di pagamento virtualizzato. Alla fine del progetto "restituisco" la potenza di calcolo richiesta, oppure se vinco altre gare accedo ad altre risorse attraverso per esempio un sistema di buoni. Oppure ancora – sorride il fisico toscano – in cambio dei servizi di cloud potrei chiedere ai ricercatori di mettere in dati in open access, a disposizione delle altre comunità di ricercatori». Il vizio è lo stesso di quando stava a Ginevra al Cnr: connettere comunità di scienziati in giro per il mondo, usare le risorse di calcolo parallelo per processare dati condividendo i risultati scientifici. Questa volta però opera per una multinazionale del software come Microsoft e con una tecnologia diversa. «Il cloud è la nuova, l’ennesima evoluzione del calcolo distribuito – spiega Gagliardi –. Non risolverà tutti i problemi ma ha qualità che la rendono migliore. In primo luoogo è omogenea nell’infrastruttura e chiaro nella declinazione economica: si paga solo quello che si usa. Il grid computing invece non ha mai avuto un modello di business chiaro. Sotto il profilo tecnologico invece la grid nasceva per connettere una miriade di piccoli e grandi cluster di calcoli, tutti con il proprio sistema operativo. Ogni volta che si aggiungeva un nodo occorreva unire i middleware, insomma ogni volta c’era da lavorare. Del resto, una infrastruttura di questo tipo nasce eterogenea. Per questo forse è rimasto confinato in ambito scientifico, all’interno di comunità specializzate ed omogenee come quella dei fisici». Con tutt’altro approccio e differenti fini nasce il progetto Venus-C che intende connettere comunità accademiche diverse tra loro come ad esempio quella dei biologi e degli ingegneri. Ma anche soggetti diversi, non solo laboratori di ricerca ma anche privati. La forma è quella del consorzio. Ovvero mettere insieme esperti di infrastrutture come Microsoft e l’italiana Engineering che è a capo del progetto con provider tecnologici come il Barcellona supercomputing center o la svedese Kth Royal Institute of Technology e i centri di ricerca Microsoft. Come utilizzatori finali sono previsti per ora sette-otto partner che in questa fase porteranno dentro applicazioni scientifiche, tecnologiche e di bioinformatica. Il progetto ha un budget di 8,8 milioni di euro, è finanziato per due anni dall’Unione europea con 4,5 milioni di euro. Microsoft, spiega Gagliardi, fornirà l’infrastruttura di cloud (Azure) gratuitamente per un valore commerciale di 2 milioni di dollari all’anno per tre anni.
«Vogliamo che le aziende sperimentino nuovi modelli di business e nuovi prodotti. Partecipano Cnr ed altri istituti italiani. Dopo due anni – sottolinea Gagliardi – chi vuole può decidere di restare nella cloud, svilupparne una propria oppure uscire del tutto e cercare altri partner».
L’obiettivo è chiaramente anche commerciale. Gli attori chiamati a sperimentare potranno capire come utilizzare potenza di calcolo, applicazioni e storage on demand. Impareranno a lavorare sulla nuvola e Microsoft si propone con Azure come provider di servizi di cloud computing.
«Per chi fa ricerca l’obiettivo è quello di condividere informazioni e competenze. Il rischio della ricerca è di rimanere soffocati dai dati. Il calcolo parallelo può essere uno strumento uno di ordine. Anzi, con Venus-C capiremo anche in che modo il supercalcolo può integrarsi ai servizi di cloud. Ai tempi della Grid – ricorda il ricercatore – non veniva proprio posto il tema del risparmio energetico. Dieci anni fa il consumo era una variabile. Oggi è la variabile di cui tenere conto. Sotto questo aspetto la cloud è una tecnologia che può beneficiare di straordinarie economie di scala. I data center possono essere collocati dove l’energia costa meno, dove non c’è bisogno di costosi impianti di raffreddamento. Insomma, erano altri tempi. Detto questo la grid resterà a lungo nei laboratori di ricerca. Anche perché la cloud costringe l’università a lavorare in modo diverso». In che senso? «È un servizio a pagamento. Ci vuole la carta di credito per farla funzionare. Ci vogliono soldi. Con la Grid – sospira – per potenziare la rete servono risorse umane. Parlo di studenti o ricercatori capaci di programmare». Una risorsa che sta diventando sempre meno scarsa. E spesso è anche mal pagata.
pubblicato su nova del 23 settembre