Tokyo Soup di Ryu Murakami in un certo senso è la storia di un sequestro. Un po' tutti i libri in fondo riescono a rapirti per portarti altrove, lontano. Gli autori giapponesi in particolare sono irrestibili maestri nell'arte di svelare mondi nascosti. Ecco perché la storia di Kenji per quanto pop e pulp e quindi un po' scontata riserva delle sorprese. Il libro prende quota la notte dell'ultimo dell'anno quando Kenji si ritrova alla mercè di un pazzo psicopatico. Il ventenne giapponese protagonista del romanzo per guadagnarsi da vivere fa la guida turistica (senza autorizzazione) accompagnando turisti stranieri nelle Tokyo a luci rosse. Tutto funziona bene, finché incontra Frank un serial killer brutale e sanguinario. Sarà l'americano a mostrare a Kenji l'esistenza di un mondo che cambierà irreversibilmente la sua vita e la sua concezione del mondo. In un certo senso questo incontro li salverà entrambi. Occhio, detta così il libro sembra più intrigante di quello che è. E' vero che Murakami è bravo a raccontare Tokyo e la cultura giapponese, che in poche pennellate riesce a gettare luce su una cultura diversa quanto lontana dalla nostra, ma la trama mostra qualche buco di troppo. In altre parole, non sempre l'effetto sequestro funziona. Cito un passaggio del testo che ricorderò: "GLi esseri umani sono le uniche creature al mondo capaci di immaginare ed è per questo che sono sopravvissute … Spesso la gente sottolinea quanto possono essere crudeli i bambini che torturano o uccidono animaletti o insetti. Ma i bambini non si comportano così per divertimeno, lo fanno per allentare le ansie generate dall'immaginazione, proiettandole nel mondo reale. Se non riescono a sopportare il pensiero di torturare o uccidere un insetto, provano il bisogno inconscio di farlo rassicurandosi così circa il fatto che non per questo crollerà il mondo…"
Mi piacerebbe conoscere il giapponese per verificare la traduzione di questo passaggio e capire meglio il senso di queste parole nella cultura nipponica.