VIDEOGIOCO EMOZIONALE

Si può giocare a perdere un figlio? Sperimentare l’insonnia o vivere la dipendenza da una sostanza, con un joypad in mano? Dipende dalla storia, dalla trama, dall’adattamento dell’individuo al mezzo videoludico, dalla volontà e dall’abilità del game designer di "immergere" il giocatore in una situazione. Dipende anche dal coraggio di chi progetta videogame. Fino a oggi il pubblico si è misurato con una serie tutto sommato limitata di emozioni e stati d’animo: paura, ansia, eccitazione e frustrazione.
Ha senso andare oltre, esplorare situazioni più familiari per chi scrive libri o sceneggiature cinematografiche? Per rispondere a queste domande occorre capire quanto l’interattività si presta a coinvolgere emotivamente l’utente. Ma più banalmente significa sperimentare un genere di videogame strabico, che guarda al cimema in termini di narrazione e usa l’interattività come ritmo. David Cage, ceo di Quantic Dream, ha creato qualcosa di nuovo che forse va in questa direzione. «È un videogame diverso dagli altri», racconta Cage mentre mostra in anteprima Heavy Rain. «Non si spara, non si guidano auto da corsa e non si ammazzano alieni». Sullo schermo c’è Ethan Mars, giovane architetto e padre felice. Con una spada di plastica affronta i suoi due figli. Deve scegliere a chi dare retta, come farli divertire, può anche decidere di vincere il duello in un eccesso di infantilismo. Ethan è uno dei quattro personaggi che saremo chiamati a impersonare nel videogame. «Entreremo nelle loro vite – spiega Cage, autore nel 2005 di Fahrenheit – giocheremo a fare il padre e saremo chiamati a prendere delle decisioni che modificheranno lo svolgersi degli eventi».
L’idea di realizzare videogame in cui le azioni e le decisione del personaggio sono in grado di cambiare la storia non è nuova. BioWare (Mass Effect 2, Dragon Age Origins e prima ancora Star Wars: the old Repubblic) e Bethesda Softwork (Fall Out, The Elder Scrolls IV: Oblivion) hanno dato a vita a giochi dove il dialogo, le scelte morali e l’interazione con l’ambiente sono fattori che producono delle conseguenze. Sono titoli che associano ad aspetti di gameplay più tradizionali (sparare, esplorare ambienti, guidare mezzi ecc) una interattività più estesa legata alla trama e alla psicologia del personaggio. Tradotto significa dialoghi più strutturati e la possibilità di scegliere una condotta di gioco in linea con morale che si vuole associare al proprio eroe.
Con Heavy Rain si sta sperimentando una strada diversa, sacrificando o forse reinventando il gameplay per dare senso alla narrazione: «Non ci limitiamo a proporre una serie di finali alternativi – sottolinea Cage -. E neppure affianchiamo sequenze filmate a sezioni di gioco. Sarebbe noioso. Preferiamo lavorare sulla sceneggiatura. Il giocatore condivide i pensieri del protagonista, entra nella storia attraverso la vita di questi "attori". Questo comporta rendere l’interfaccia invisibile. Nulla deve disturbare l’immersione nella storia».
Il risultato è un’esperienza più vicina a quella del regista che a quella del giocatore. La narrazione è scandita con inquadrature e gusto del dettaglio. La sceneggiatura è flessibile ma non si può fare tutto quello che si vuole. Ci sono videogame dove tutto o quasi è possibile: far esplodere intere abitazioni o prendersela con i passanti. Con Heavy Rain le azioni sono limitate dal contesto. Persone e situazioni sono reali e verosimili. Per ottenere questo effetto si è lavorato molto sulla trama (oltre 2000 pagine di sceneggiatura) ma soprattutto sulla tecnologia. Il francese Quantic Dream è considerato uno dei principali studi per la ricerca sul motion capture. Lo sforzo, ha raccontato David Cage, è stato quello di ricreare le emozioni. E per ottenere questo risultato «ci siamo concentrati sul viso (inclusi gli occhi, le pupille e l’animazione labiale) ma anche sui movimenti degli attori. Le scene girate hanno visto gli attori ricoperti di sensori muoversi in ambienti arredati in modo da simulare effettivamente il contatto con gli oggetti».
Senz’altro nel mondo dei videogame un’operazione di questo tipo alza l’asticella, allarga i confini del videogame. Se questo abbia senso o meno dipende, più che dall’immediato successo commerciale, dal "plot". Perché probabilmente quello che hanno inventato alla Quantic Dream è un "format" per raccontare storie attraverso i videogame. Storie e emozioni mai conosociute su console.
© RIPRODUZIONE RISERVATA