FANTASIA DA DIVANO

I capelli rosa di Lightining sono soffici e leggeri come mai nella storia del videogame. La città tra le nuvole di Cocoom sembra un omaggio a Pandora, il pianeta del film Avatar. Le architetture di cristallo e luce sono svelate dal suono languido del pianoforte. Final Fantasy XIII è tutto questo, uno straordinario polpettone da divano più affine a un lungometraggio televisivo che a un videogame. Sessanta ore di gioco, dialoghi, movenze e battute che coprono un reportorio che va da Akira a Candy Candy. Sequenze in computer grafica interminabili ma strabilianti, curate nei minimi dettagli. Uno spettacolo poco indicato per quei videogiocatori che non sanno stare fermi, che si scocciano se non corrono, saltano e sparano insomma se non interagiscono.
Da questo punto di vista Final Fantasy può apparire snervante e un po’ monotono. Come del resto il genere a cui appartiene: i giochi di ruolo ripetono da sempre la stessa formula. Combattimento, esplorazione, gestione dei miglioramenti dell’eroe e filmati di animazione. Storia, personaggi e ambientazione traggono ispirazione dal mondo fantasy e trovano nell’immaginario manga una importante fonte di contaminazione. I giochi di ruolo in Giappone sono l’equivalente del calcio da noi. Nonostante la crisi, questo tipo di giochi tiene ancora in piedi il mercato videoludico giapponese. E, come ha spiegato a Nòva24 Motomu Toriyama direttore di Final Fantasy XIII, devono il loro successo in parte alla cura certosina con cui sono realizzate le animazione in parte proprio all’universo in cui il giocatore è immerso. Un’altro maestro – sempre giapponese – che ha inserito nel videogame lunghissime sequenze filmate trasformandole in un elemento narrativo fondamentale del gioco è Hideo Kojima, autore della saga di Metal Gear. Ma anche nel recentissimo Bayonetta di Hideki Kamiya la storia viene raccontata con il linguaggio della cinematografia mentre la parte ludica è limitata a una serie di scontri contro il nemico di turno. Apparentemente possono sembrare dei film d’animazione con una componente interattiva ludica, come se gioco e spettacolo fossero momenti distinti. «In Final Fantasy le sequenze filmate sono tanto importanti quanto il gameplay», osserva Yoshinori Kitase, produttore di Square Enix, lo sviluppatore di Final Fantasy. Come dire, animazione e interattività vivono se non insieme una accanto all’altra.
Eppure il motivo dei lunghissimi tempi di sviluppo della Square Enix è da ascrivere alla computer grafica. Il tredicesimo capitolo della saga che esce a marzo in Europa è stato annunciato l’8 maggio del 2006. Il gioco ha quindi richiesto almeno quattro anni di lavorazione, di cui la maggior parte è ascrivibile all’animazione. Secondo gli analisti, sono tempi proibitivi per chi sviluppa videogame. Negli Stati Uniti un titolo di budget medio-alto non deve richiedere più di due anni di lavorazione. Motomu Toriyama fa spallucce e sorride. Probabilmente perché considera giochi come Final Fantasy qualcosa di diverso dal videogioco "industriale". La ricerca artigianale di bellezza e perfezione nelle animazioni, anche se costosa, appare irrinunciabile. Quantomeno per il pubblico nipponico. L’ultimo capitolo lanciato a dicembre solo per Ps3 (quattro milioni di macchine la base installata) ha venduto quasi due milione di copie. In pratica un possessore di Playstation su due ne ha acquistato una copia. In Giappone naturalmente.
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