La mobilità sostenibile è prima di tutto un metodo, una disciplina, un orizzonte. È questo forse il senso più alto della Shell Eco-marathon Europe, almeno a sentire loro, ovvero quelli che hanno partecipato e partecipano a questa competizione in veste di pilota, tecnico o team manager. Oggi sono loro in pista, gareggiano sul circuito Eurospeedway di Lausitz, in Germania, vicino a Berlino. «Progettare e costruire un veicolo – spiega Alessandro Ferraris, team manager di H2politO – significa imparare qualche cosa che l’università non insegna: il lavoro di gruppo». «L’ambiente è una sfida che si impara a lezione. Ma quando sei chiamato a fare qualche cosa di concreto ti senti davvero protagonista», chiosa Francesca Coco "pilotessa" del team mecc-Sun.
Insomma, la gara è un pretesto. E questo è chiaro: 220 team in tutto (13 quelli italiani) provenienti sia da istituti tecnici che dall’università hanno progettato e costruito un veicolo studiato per utilizzare la minor quantità di carburante lungo un percorso stabilito, producendo il minor tasso di emissione possibile. Vince chi consuma di meno, in definitiva. I veicoli partecipanti possono essere alimentati con carburanti convenzionali, diesel, benzina e gas propano liquido, oppure con fonti d’energia alternative, come per esempio idrogeno, energia solare o etanolo. «Poi c’è il problema della fonti di alimentazione – scherza Riccardo Silimbani, professore all’Istituto tecnico Bucci di Faenza –. Abbiamo scoperto che si dorme dentro l’autodromo e non possiamo portare fornelli a gas. Così abbiamo fatto le prove prima di partire. Quattro chili di pasta su una piastra elettrica. C’è voluto tanto ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Ma per l’ambiente – ride – questo e altro».