Alan Wake, Sam Lake e Max Payne…

Alan Wake con la pila in mano sembra Edward Carnby di Alone in the Dark, la cittadina Bright Falls AlanWake_04_NPC_720p è claustrofobica come l’albergo di Shining, le creature della notte ricordano Fog di John Carpenter. Eppure, guai a definirlo un horror. Il videogioco Alan Wake, scritto dallo sceneggiatore Sam Lake, già autore di Max Payne (sembra un gioco di parole ma non lo è), è un thriller psicologico, punto e basta. «Un horror contempla mostri e sangue. In Alan Wake il protagonista è il buio e la paura che si nasconde nell’ombra». In realtà di paura (e tanta) ne hanno avuta a Remedy, la software house finlandese che da sei anni lavora a questo titolo: «Mi rendo conto che sei anni sono un’eternità. Quando ho iniziato a lavorare al progetto Alan Wake ero single, ora ho una figlia. Ma siamo tutto sommato una piccola casa di sviluppo, solo 45 persone. La storia è originale, abbiamo a lungo lavorato sul motore grafico, anche il gameplay è stato cambiato in corso d’opera. Ma il risultato è qualcosa di mai visto finora».
Personaggio curioso e poliedrico, Sam Lake. Il vero nome è Järvi che in finaldese significa lago da cui Lake. Scrittore, sceneggiatore, co-fondatore di Remedy, appassionato di serial televisivo e convinto assertore dell’importanza della voce narrante. Ha pure prestato il volto al protagonista del videogioco di Max Payne. Ma è la voce narrante il punto di partenza. Ovvero la voce di Alan Wake: scrittore inquieto, matrimonio in crisi, un uomo alla ricerca dell’ispirazione. Per superare il blocco dello scrittore decide di andare a Bright Falls, cittadina boscosa e plumbea a nord della West Coast. La moglie Alice scompare, e con lei il suo equilibrio. «Alan Wake è un uomo normale – spiega Sam –. Soffre di insonnia, ha paura, non è un esperto di armi. Il gameplay terrà conto di questi aspetti, non sarà facile trasformare Alan in un eroe». Di notte Bright Fall si popolerà di presenze assassine, creature che vivono nel buio che possono essere indebolite solo dalla luce. Alleate di Alan Wake saranno tutte le fonti luminose che ha a disposizione. Sotto questo aspetto sembrerà di ritrovare situazioni e meccaniche di gioco di Alone in the Dark (2008), il primo videogame che ha scelto una struttura a episodi dei serial tv. In realtà, Alan Wake vuole essere più sottile. Nel gioco spaventa più ciò che non si vede, si dubita di chi racconta la storia, il confine tra realtà e finzione si scioglie in una trama complessa e a volte un po’ troppo ambiziosa. Forse è proprio questo il limite. Viene sacrificata la componente ludica a vantaggio di un intreccio ricco e cinematografico. Il gioco pare un po’ un pretesto per scoprire cosa accadrà al personaggio. Come in alcune serie tv come Flashforward si ha fretta, forse troppa fretta di sapere come andrà a finire.