Salotto globale sì, ma fino a un certo punto. Chi immagina un consumo di televisione più moderno e più partecipato con telespettatori twitteranti e programmi fast-food da cliccare dovrà ancora aspettare, almeno qualche anno. Televisione e internet non sono mai stati vicini come oggi ma Nielsen, eMarketer, Forrester – ovvero i principali istituti di ricerca – continuano a fotografare un pubblico poco convergente, che preferisce (per ora) dividersi fra più media e altrettanti device. Eppure, molti segnali indicano che per il piccolo schermo è tempo di interattività. A tutti i costi: computer portatili aperti e gettati sul divano, televisori a banda larga, decoder connessi, programmi in stile Youtube e siti in stile televisivo: l’elettronica di consumo ha le idee chiare, e anche le internet company, se è per questo. Il piccolo schermo, sembrano dire, deve imparare dal web. Ma come? Nel salotto l’interattività non può essere consegnata al digitale terrestre, tecnologia «vecchia» e nata per fare altro, ma a chi conosce la grammatica della rete. Almeno in questa fase Google, Yahoo!, Apple, Microsoft sembrano avere l’iniziativa o quantomeno il ruolo di chi deve coniugare due mondi lontani, anzi lontanissimi come quella della tv e del web. La logica dei broadcaster tradizionali è fondato sul palinsesto e quindi su una idea gerarchica di fornitura dei contenuti mentre in rete vale la prassi dell’on-demand, dei data base, dell’accesso ai contenuti senza limiti di tempo. Come comporre queste due vocazioni mediatiche è l’arduo compito dei player tecnologici che in questa fase appunto non possono che guardare al televisore di casa come una nuova frontiera tutta da progettare.
Al pubblico però spetta il giudizio finale. Curiosamente, lo spettatore non è stato a guardare. Negli Stati Uniti (fonte Nielsen) 134 milioni di persone, più di un americano su due, si è piazzato nell’ultimo anno davanti al piccolo schermo con computer portatile, telefonino o tablet, insomma con più schermi tra le mani. Poco meno di sessanta milioni (fonte eMarketer) non si disconnettono da internet neppure per gli show e sceglie di seguirli online. Nei college americani (fonte Anderson Analytics) più della metà dei teen agers, per non rinunciare alle proprie serie televisive, accende lo schermo del computer e si collega online. Queste percentuali che crescono di anno in anno non descrivono però un esodo dalla televisione tradizionale. Studi di Nielsen indicano come anche tra i più giovani il consumo di tv non accenni a diminuire. In un certo senso, tra coloro che passano per essere i maggiori consumatori di televisione del mondo, l’opzione online si è aggiunta a quella tradizionale. È vero che Oltreoceano c’è la tv via cavo, un successo che rende l’offerta dei broadcaster poco avvicinabile a quella nostrana, ma sono in molti a scommettere che quanto a modelli di fruizione e format gli Usa restino il Paese da tenere d’occhio. E in Italia? Anche qui qualche cosa si sta muovendo. Secondo uno studio Nielsen la tv tradizionale perde qualcosina in termini di audience, lo 0,4% nel 2010 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il piccolo schermo in termini assoluti conta su una platea di 45 milioni di telespettatori (quasi il doppio dei utenti italiani di internet) contro i 14 milioni (+29%) che cliccano video online e i 2,7 milioni (+59%) che seguono le emittenti tradizionali anche online. Gli uomini sono più propensi a guardare contenuti video online rispetto alle donne. Mentre sul fronte delle fasce d’età i target della broadcast tv online sono i giovani e gli adulti (dai 18 ai 49 anni) mentre la tv tradizionale ha una maggiore penetrazione tra ragazzi (2-11) e senior (65+). Insomma, nulla di nuovo. Più interessante quello che emerge analizzando il pubblico delle emittenti tradizionali su web. «La broadcast tv online – si legge nel rapporto – è soprattutto una catch up tv, per rivedere quei programmi che non si è riusciti a seguire. Talvolta è un utile televisore aggiuntivo».
Ma questa è solo uno degli angoli da cui si può osservare la nascente relazione tra tv e web. Perché è sul terreno dei contenuti che si assisterà alle novità più interessanti. La domanda da porsi è una sola: «Cosa passerà davvero del web nei televisori?». Per alcuni il modello resta quello del "walled garden", di stampo prettamente televisivo: con applicazioni e contenuti da terze parti banditi da un ambiente di interazione che somiglia a quello dei primi portali Wap per i cellulari», scrive Paola Liberace, blogger di Nova100. In una rete quindi addomesticata e controllata dai padroni delle antenne. «Per altri – aggiunge Liberace – è giocoforza puntare sull’apertura che caratterizza la rete dalla quale trae la sua forza». Tra questi c’è Google che potrebbe come ha già fatto con la telefonia mobile scardinare il modello del "walled garden". Ma in mezzo, come sempre, c’è un pubblico nuovo, che ha imparato a essere utente ma che non è detto voglia replicare su piccolo schermo l’esperienza attiva e interattiva del web. Uno spettatore diverso che forse non ha l’ambizione di rendere il salotto globale come la rete.