Perché Facebook vuole andare in Borsa?

Oggi Mark Zuckerberg si presenterà alla Sec con documenti alla mano per portare Facebook in Borsa. Forse là qualcuno avrà il coraggio di chiederglielo: Ma per quale caspita di motivo scegli adesso di quotarti? La risposta che tutti si aspettano è banale: per denaro, per che cosa se no? I soliti bene informati indicano per maggio una valutazione che oscillerebbe tra i 75 e i 100 miliardi di dollari. Su Sharepost si fanno cifre vicine ai 89 miliardi di dollari, quanto cioè il valore di McDonalds e la metà di Google. Ma potrebbe essere di più, in base a quanto sta trapelando in queste ore. Tra gli istituti coinvolti nel collocamento vengono citati Morgan Stanley, Goldman Sachs, Bank of America Merrill Lynch, Barclays Capital e JPMorgan. E porprio Morgan Stanley sarebbe impegnata ad alzare il prezzo che arriverebbe davvero a sfiorare i 100 miliardi di dollari. Tanto varrebbero secondo gli analisti 850 milioni di utenti che ogni mesi entrano nel social network (la metà, cioeè 450 milioni di anine apre Facebook ogni giorno). Grandi dubbi sulla valutazione non ce ne sono. Nessuno si azzarda nel caso di Facebook di parlare di bolla. Anzi, Deloitte ha calcolato che l'apporto di Zuckerberg all'Europa può aggirarsi intorno ai 15,3 miliardi di dollari. Per l'Italia il contributo al Pil varrebbe 1,4 miliardi. In termini di economia reale dall'ecosistema di Fb dipenderebbero 34mila posti di lavoro.  I numeri che sono stati diffusi in questi giorni per preparare il terreno alla quotazione sono impressionanti. 

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Ma non rispondono alla domanda inziale: perché Zuckerberg si quota? Attualmente Facebook, ricorda Reuters, è accusato di violazione di brevetti in 22 cause.  Contro avrebbe uno degli studi legali più ostici degli Stati Uniti i temibili Kirkland & Ellis.  La moltiplicazione delle cause legali sotto Ipo è un classico delle compagnie di tecnologia. E' stato così per Zynga e per Linkdln. Solo nel 2011 ricordiamo le 76 cause per violazione di brevetto di Apple, Microsoft ha raddoppiato le sue frequentazioni in tribunale negli ultimi 12 mesi. Pure Zynga ha dovuto rispondere a nove accuse di questo tipo (quattro volte in più rispetto allo scorso anno). Insomma, le 22 azioni legali di Facebook non deve stupire. Sotto Ipo vale tutto. Ma certamente non è la paura di perdere in tribunale a spingere Zuckerberg a Wall Street. Con una battuta avrebbe commentato che potrebbe comprarsi tutti i suoi accusatori. Ed è proprio questo il punto. Attualmente a Zuckerberg apparentemente non serve liquidità. Gli investimenti maggiori in termini di software li ha fatti con Timeline e mettendo mano alla privacy. E' probabile che dovrà tornare a spendere qualche cosa sulla protezione dei dati sensibili (anche in vista della riforma di Vivian Reding attualmente in esame al parlamento europeo) ma non parrebbe giustificare una operazione di collocamento. Forse con i soldi del mercato Zuckerberg vuole provare a volare più in alto. Se davvero raggiungerà in estate il milardo di utenti (un settimo della popolazione mondiale) potrebbe pensare di trasformare il suo social network in un gigantesco laboratorio mediatico. Un luogo dove leggere, ascoltare musica e vedere film. Una palestra di intrattenimento. Se così fosse la sua trasformazione in editore e media company sarebbe completo. Questo sì richiederebbe capitali. E anche tanti.

 

  • Livio |

    Per noi italiani c’è possibilità di partecipare all’IPO?

  • Luca Tremolada |

    Emilio, le cifre ti sembrano gonfiate? Secondo me sono in linea con i vari rapporti Netconsulting e Boston Consulting Group. Il punto è che non è banale misurare l’indotto di internet in generale. Nel caso di Starbuck quanto vale il suo servizio Wi-fi? Tanto se consumano poco se sottraggono posti agli altri clienti. DI certo Facebook in termini di pubblicità e dati è un colosso che genera economia di scala e opportunità. Nel merito non so valutare le stime di Deloitte.

  • Emilio |

    Dire che l’indotto di facebook sia di 2.5 MILIARDI mi sembra (almeno per ora) ancora un tantino esagerato. Per non parlare di 34.000 dipendenti…
    Se si legge lo studio citato nel dettaglio, Deloitte sembra dire che il 15% del mercato TLC (fisso e mobile) si ha grazie a Facebook; e che nel calcolo dell’impatto economico si include anche il valore generato dalle feste organizzate/ comunicate tramite internet… non e’ un po’ tirato per i capelli?

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