Cala (di poco ma cala) il mercato dei media italiano (-1% a 16,7 miliardi di euro). Male i tradizionali (stampa, radio ecc) che perdono il 5% – considerando sia pubblicità che ricavi pay – bene i new media che guadagnano il 7 per cento. Il copione è noto: la crescita di smartphone, tablet, connected tv, social network e telefonini non compensa le perdite. In buona sostanza i ricavi essenzialmente legati all’advertising sono sì in costante crescita ma rimangono ancora limitati .La fotografia della School of management del Politecnico di Milano disegnano uno scenario in recessione che però mostra spiragli di luce. Secondo Andrea Rangone, responsabile degli Osservatori Ict del Politecnico di Milano, i nuovi media, ovvero quelli basati su reti distributive digitali e che vengono fruiti dagli utenti tramite terminali digitali possono cambiare i rapporti di forza e riservare “soddisfazioni”. “Smartphone, tablet, connect tv stanno moltiplicando le occasioni di utilizzo di internet e che si diffondono anche in quelle fasce di popolazione meno inclini ai all’utilizzo della tecnologia. Cresce la raccolta pubblicitaria e ricavi pay su smartphone (+70% e +120%) e tablet (+110% e +150%) mentre raddoppia la pubblicità sui social network (quasi 24 milioni di utenti), crescono dell’130% i ricavi generati dalle app e cresce dell’80% il valore dell’advertising sui video online, trainato dalle offerte sempre più ricche degli editori e dalle masse di utenti di YouTube. Triplicano infine le Connected Tv realmente connesse (dal 10% a oltre il 30%). Le percentuali tutte al positivo però devono fare i conti con i pesi specifici: la componente digitale dell’ecosistema dei media è passata dal 29% del 2010 al 32% di 2011. Per contestualizzare questi numero occore entrare un po’ più nel merito. Sugli smarphone (21 milioni gli italiani dotati di telefonini intelligenti) il boom dei contenuty pay (circa 120% rispetto al 2010) è poca cosa rispetto all’advertising. Sui tablet (1,5 milioni a fine 2011) il valore assoluto degli investimenti pubblicitari è ancora relativamente basso. Quanto alle connected tv si parla ancora di numeri bassini (1,1 milioni le tv connesse nelle case degli italiani). Più interessanti le dinamiche dei social network. L’anno scorso i ricavi pubblicitari sono più che raddoppiati grazie a un parco utenti di quasi 24 milioni di unità. Pesano ancora poco sul mercato complessivo dei new media ma iniziano a raggiungere percentuali rilevanti per quanto riguarda la pubblicità sul web (3%). Al netto della crescita dei device e delle occasioni di accesso alle informazioni il vero punto dolente è la fruizione dei contenuti. Se è vero che su tablet gli italiani sembrano più disposti a pagare le new rispetto ad Inghilterra e Germania (dati Nielsen) il vero scoglio è rappresentato dal digital divide. Ma più nello specifico dalla scarsa alfabetizzazione. Come è emerso nel corso della tavola rotonda che si è svolta a Milano e che ha visto protagonisti tutti i principali editori (Il Sole 24 Ore, Espresso, Mediaset, Rcs..) è ancora tutto da affrontare il problema della digital litteracy. Nelle aule scolastiche si utilizza ancora il 90% di contenuti cartacei per la didattica; solo il 16% degli studenti utilizza a scuola contenuti e strumenti digitali. In altre parole, qui da noi l’approccio all’informazione continua a essere più tradizionale rispetto ad altri paesi. L’Europa è impegnata con progetti ad ampio respiro per includere il maggior numero di persone nella “grammatica” del digitale (http://ec.europa.eu/information_society/tl/edutra/skills/index_en.htm). L’agenda digitale prevede tra i suoi obiettivi oltre alla lotta al digital divide anche una maggiore sensibilità nella diffusione della pratica della lettura su display. Interagire con i contenuti in modo attivo quindi, non solo leggere o comprendere infografiche e contenuti dinamici. Una sfida che vedrà il sistema dei media particolarmente proattivo.