Haruo Yaguchi è un bambino delle elementari. La scuola non gli interessa, i videogiochi invece sì, e anche tanto. Vive per diventare un giocatore professionista. Akira Ono è diciamo introversa (praticamente non parla) appartiene a una famiglia ricca, ha una educazione rigidissima. Ma ha un talento innato e straordinario per i videogiochi. Hidaka Koharu non ama i giochi elettronici ma è segretamente innamorata di Haruo. Dentro a questo triangolo sentimentale ci sono i cabinati degli anni Novanta, i picchiaduro, Street Fighter e le prime console domestiche. Hi Score Girl è il romanzo di formazione ludico-amoroso di una generazione di gamer cresciuti con Goldrake e le sale giochi. La serie di cartoni animati giapponesi su Netflix nasce con il mangaka Rensuke Oshikiri, anche lui cresciuto negli anni d’oro dei coin-up. Il tono è quello epico ed estremo dei manga di una volta. C’è Guile, Zangief, Honda e tutti i lottatori dei picchiaduro. Ci sono i suoni elettronici degli 8 bit e il rumore di una industria nata in Giappone che ha da lì a poco avrebbe invaso e contagiato tutto il mondo. Haruo è un anti-eroe come Ataru Moroboshi di Lamu, senza filtri e mono tematico ma romantico come solo sanno essere i bambini raccontati nei manga. Si passa dalle elementari al liceo, il mondo intorno a loro cambia al tempo dell’evoluzione dei videogiochi. Loro restano personaggi manga. Noi restiamo un po’ per sempre con loro.