Los Angeles. Negli anni ottanta a Milano il sabato ogni tanto si andava al mercatino di Senigalia. Se ti avevano rubato la bicicletta e là che potevi sperare di ritrovarla. In tutto erano una decina di bancarelle strette in darsena nel quartiere dei navigli. Era il luogo di incontro di punk, metallari, zecche, rasta e alternativi o aspiranti tali. Si vendeva di tutto: magliette, incensi, dischi, insomma quella paccottiglia di sinistra che ha un suo senso se venduta per strada. Mi ricordo pomeriggi lenti e insensati passati a celebrare la propria presunta diversità. Pomeriggi bellissimi intendiamoci, buttati su un marciapiede a godersi la Milano alternativa che fingeva di fare shopping. Venice Beach mi ha riportato tra quelle bancarelle. E' stato come ingurgitare una potente madeleine proustiana targata 1985. A quarantanni è difficile stupirsi come a 15 ma lungo quella spiaggia era come ritrovarsi nella base segreta del film Men in Black. Skaters con il cappellino di lana anche sotto il sole, bikers canuti in giubbetto di jeans, famiglie tatuate, rapper ciondolanti, hippie fuori corso, turisti con le macchine fotografiche, palestrati biondi e persone normalissime. Tutti in passerella con l'oceano come colonna sonora. Un ragazzo di colore vendeva per la strada libri di poesie. Non se lo filava nessuno ma l'idea era bellissima. Per celebrare il mio tuffo nel passato era necessario trovare del cibo all'altezza. Ma a parte pizza e hamburger non c'era molta più scelta. Ho dovuto girare parecchio. Volevo qualche cosa di sano, a tutti i costi. L'ho trovato in una via nascosta tra la casa che ospita il freakshow di Venice – un posto dove trovi la tartaruga dalla due teste e la donna con le unghie più lunghe del mondo – e Titanic, un negozio di berretti con un Predator di metallo all'ingresso ad altezza naturale. Nessuna insegna solo una porta con la scritta healthy food. Dentro un minuscolo locale, un tipo pelato con l'orecchino e una lista gialla dove spiccano insalate e beveroni di verdura da consumarsi obbligatoriamente all'aperto (dentro c'era posto solo per lui e il bancone). Io ho preso un Cisco the buffalo kid, una insalata che di sano aveva ben poco. E un Rush, un centrifugato dolcissimo che sapeva di carota e banana. Buono anche il Body Detox, che però sapeva solo di sedano. La sera avevo fame e l'effetto romantico di Venice beach era finito. Per ripendermi dai miei propositi salutisti ho optato per una classica pizza peppperoni (con tre p) e salami. Una schifezza che mi ha riportato ai tempi del liceo quando di salutista c'era ben poco.
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