Shigeru Miyamoto e il suo traduttore sono una coppia esplosiva, comcità allo stato puro, forse il duo più brillante e affiatato della storia dei videogame. Il primo è l’arcinoto papà di SuperMario e il secondo è per l’appunto il suo traduttore. Due volte che incontro Miyamoto (sempre a Londra e sempre nello stesso albergo) e due volte che mi trovo davanti il direttore creativo della Nintendo e l’impareggiabile . L’intervista avviene così. Le domande si fanno a Miyamoto in quale capisce benissimo l’inglese e lo parla ugualmente bene (l’ho capito incrociandolo per caso davanti a un buffet) ma preferisce far rispondere il suo traduttore. Così dopo la domanda segue una lunga risposta in giapponese, con uno Shigeru che non ti aspetti. A dispetto di un tipico manager giapponese Miyamoto è sorprendentemente espressivo. Mentre risponde in idioma nipponico strabuzza gli occhi, ridacchia si fa di colpo serio, fa la voce profonda e poi si scioglie in un sorriso che svela tutto il fanciullino che è in lui. Tu lo osservi prima allibito poi complice. Non capisci una mazza ma non importa, lui ti fissa e tu non puoi fare a meno di sorridere quando sorride lui, gongolare quando gongola lui e aggrottare le sopracciglia quando si fa serio.
Le risposte di solito sono piuttosto lunghe (2-3 minute). Quando si interrompe la parola passa al traduttore che con voce inespressiva e ritmo da speaker dell’anagrafe comincia la traduzione. A questo punto tu non sai se affrontare lo sguardo spento di chi ti parla o Miyamoto che di colpo diventa inespressivo. Superato questa incertezza ti tocca misurarti con i tempi delle risposte. 3 minuti di giapponese di Miyamoto diventano 40 secondi scarsi del traduttore Nintendo. Il che solleva una irritante perplessità sulla bontà della traduzione. In realtà, Miyamoto segue tutto e con impercettibili cenni del capo sembra confermare quanto detto dal suo compare. I due tra l’altro si vede che si conoscono bene. Sono affiatati ma diversissimi. Il traduttore è un manager in classico stile nipponico, serio e misurato. Miyamoto è un folletto dagli occhi da bimbo. E’ magnetico come Willy Wonka della Fabbrica del cioccolato. Ma da solo è il solito papà di Mario. Mentre insieme al suo traduttore fa un effetto stupefacente nel vero senso del termine. Dopo mezz’ora di intervista, la tua concentrazione vacilla. Non riesci a stare dietro a personalità così diverse che dovrebbero dire la stessa cosa in lingua diverse. Il cervello si sdoppia, vive realtà opposte e sospese. Qualche giornalista mi ha confidato che durante l’intervista è entrato per alcuni secondi in trance e giura di aver visto distintamente Zelda vestita con una mimentica militare comparire alle spalle di Miyamoto. Altri, i più, invece hanno più banalmente intravisto SuperMario fare le boccacce al traduttore. In ogni modo l’esperienza è onirica e al contempo psichelica. Per certi aspetti molto Nintendesca