Penultima notte, ulltima bistecca. Basta: mi accorgo solo ora che finalmente sudo copiosamente e sono gonfio. Sono un americano. Sono diventato come loro: mangio tanto e male e non mi importa. Mi piacciono un sacco di cose di questo paese, anche se so che fanno male. Un po' come Las Vegas, è irresistibile ma decadente. Gli hamburger sono golosi ma stoppano. Le patatine sono buone ma fanno ingrassare. Palle di colesterolo pompate dal cuore. In allegria, senza patemi. In fondo è come sempre una questione di misura. E' sempre una questione di misura. Proprio per questo sono seduto in una steak house di lusso a Los Angeles. La prima che ho incontrato. L'ultima della vacanza. Perché trattenersi? E poi per quale ragione? Perdipiù è l'ultimo giorno. Eppoi, se mi guardo intorno, qui dentro tutto è necessariamente eccessivo. I camerieri sono elegantemente fuori luogo in tutto quello che fanno. Versano coca cola in bicchieri da vino coem se fosse champagne. Sul retro coltelli grandi come pale macellano manzi. Dentro la fauna los angelina tipica della West Hollywood: rapper, panzoni con il cappello da baseball, attrici in supertiro e tavolate multifamigliari. E' eccessivo. E deve essere così'. Le vie di mezzo sanno di morale. E io invece voglio addentera, maticare, tritare senza pensarci su troppo. Ordino l'ultima T-Bone, grossa come foglio A4. Con le patatine e il burro. Anzi, ne chiedo due di burrini da spalmare sul pane in attesa della mia bistecca al sangue. L'ho chiesta rare, loro mi hanno assicurato che al centro sarà fredda. Ecco, così la voglio.
Ingollo i primi due bocconi. Gli utlimi. Mezz'ora dopo in auto mi tengo una mano sulla pancia e respiro affannato. E' tutta una impressione, mi dico; tutta una impressione. Mi addormento e so che quei due bocconi saranno gli ultimi. Lo prometto.
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