«Gli strumenti della statistica tradizionale misurano solo una parte dei fenomeni. Danno una fotografia che rappresenta elementi visibili, espliciti, dai contorni definiti. Quello che non cattura è l’emozione». Per Guido Tripaldi i numeri hanno delle sfumature. Di formazione informatico, socio fondatore di Swg (istituto di ricerche demoscopiche, politiche e di mercato) dopo tre anni di studi sta mettendo a punto uno strumento andare oltre le vecchie foto. «Sappiamo bene che sono le emozioni a distinguere tra loro le persone e a determinarne i comportamenti. Da qui l’idea della neurostatistica, misurare (l’altrimenti) l’insondabile attività mentale inconscia di ampie porzioni di popolazione simultaneamente, statisticamente rappresentative, e di poter individuare gruppi con caratteristiche comuni».
Lo strumento di cui si avvale Tripaldi è un Eeg (elettroencefalogramma) un caschetto dotato di elettrodi per rilevare l’attività elettrica prodotta dal cervello. «Non ho inventato né scoperto nulla – tiene a precisare – noi abbiamo di fatto sistematizzato lo stato dell'arte delle conoscenze neuroscientifiche per fornire maggiore significatività statistica». In effetti, l'utilizzo di strumenti diagnostici propri delle neuroscienze per ambiti altri non è nuovo. Gli esperti di neuromarketing usano la risonanza magnetica funzionale abbinata all'Eeg per determinare le risposte del subconscio a stimoli specifici quali marchi, prodotti ecc. Ma in questo caso simultaneità, grandi numeri e basso costo sono le parole chiave. Meglio di alti strumenti l’Eeg meno costose e versatile è in grado di rilevare nel tempo e su grandi numeri le reazioni di una colletività ad un determinato stimolo. Ed è proprio questo il progetto. Applicare caschetti dotati di Eeg a campioni statisticamente significativi. «Siamo in grado di misurare coinvolgimento emotivo, motivazione e memorizzazione – sostiene Tripaldi -. Un’intervista ti può dire se un programma Tv ti ha annoiato oppure no ma non in quali punti e quanto, e in quali soggetti. Un'intervista ti può chiedere se sei ottimista o pessimista ma non quanto lo sei rispetto al resto della popolazione. Ora serve raccogliere dati».
Con certezza sappiamo che la macchina registra le onde celebrali e restituisce un tracciato. L’analisi di questi dati avviene attraverso algoritmi che lo stesso ricercatore di Swg ha sviluppato. Per elaborarli si è ispirato agli studi sul marcatore somatico di Antonio Damasio, alle ricerche del premio Nobel per l’economia Daniel Kanheman e ai testi di Richard Davidson sull’affettività. «Se riuscissimo a clusterizzare e dividere la popolazione in base alla maggiore o minore predisposizione alle emozioni positive, potremmo estrarre informazioni utili, per esempio, per la comunicazione politica. Conoscere l’impatto di certe scelte nella pancia dell’elettorato».
L’assunto di Tripaldi è chiaro: conoscendo, cioè misurando in modo oggettivo la proporzione e distribuzione dell'atteggiamento caratteristico (ad es. pessimistico o ottimistico ) della popolazione in un certo periodo, ci consente di effettuare stime previsionali più corrette in economia, come nella politica.
Se così fosse, se davvero lo strumento fosse in grado di fotografare il profumo delle persone cioè la misurazione della componente emotiva di una collettività, ciò consentirebbe di dare un "peso" alle risposte e magari, prevedere il cambiamento nell’opinione pubblica. Tutto dipende dalla foto, naturalmente. «Senza avere uno studio scientifico in mano è difficile entrare nel merito – spiega il responsabile del settore disegni campionari e tecniche di campionamento, Stefano Falorsi -. Tuttavia, in linea teorica per chi si occupa di indagine statistiche aver una variabile in più rappresenta un arricchimento per la costruzione di modelli di previsione. Credo però che sia una innovazione più come strumento di intervista, per indagini qualitative o focus group che per la formazione di un campione. Indossare un caschetto è comunque una tecnica invasiva, prima occorre studiare come viene influenzata l'attitudine alla risposta. Non tutti potrebbero accettare di indossarlo».
«Senza scomodare il principio di indeterminazione di Heisenberg, va però ammesso che un rischio di falsificazione dei dati proprio legato all’utilizzo di elettrodi e fili», commenta Enrico Finzi, direttore di Astra Ricerche. «Detto questo per quanto noi non usiamo questi marchingegni, mantengo un pregiudizio positivo. Prima di avere dei modelli predittivi occorre accumulare molti dati e da più fonti, tuttavia, l’ipotesi di fondo è interessante perché distingue tra ciò che viene verbalizzato e ciò che viene sentito. In questo senso non solo potrebbe rivelarsi una tecnica esplorativa in più per la statistica ma suggerisce una dimensione nelle scelte politiche ed economiche ancora troppo poco indagata».