L.A. Noire e la ricerca della Los Angeles perduta

Prima della grafica, della tecnologia e del gameplay quello che davvero impressiona di L.A. Noire, il nuovo videogioco Rockstar in uscita a maggio, è l’indagine storica, l’attenzione al dettagli, la ricerca certosina su fatti, luoghi e persone che popolavano Los Angeles negli anni 40. Brendan McNamara, game director del Team Bondi avrebbe spulciato gli archivi di due università californiana (Ucla e la Usc), riprodotto la mappa della città dalle carte stradali disegnate a mano e conservate alla Huntington Library, visionato più di 180mila fotografie dell’epoca, sfogliato i principali giornali del 1947. Addirittura pare che il Team Bondi abbia controllato i menù dei ristoranti dell’epoca per non sbagliare prezzi e ricette. Insomma, un gigantesco lavoro di documentazione, esagerato anche per un film, figuriamoci per un videogioco. Soprattuto perché finora la cura per il dettaglio non è mai stata sinonimo di vendite nei negozi di videogame. Sa di cinema d’autore, al limite serve per affascinare quei ricercatori universitari e artisti che lavorano con i videogiochi. I best seller degli ultimi anni, chi ha venduto davvero tanto come Nintendo si è distinto per giochi con un gameplay intuitivo, immediatezza e semplicità d’uso. Eppure, Call of Duty: Black Ops il gioco più venduto della storia su Ps3 o anche Grand Theft auto di Rockstar dimostrano – anche con i numeri – che una volta creato un mondo devi saper renderlo credibile in ogni suo aspetto; che il giocatore deve sentirsi parte di un sistema organizzato, complesso e sincero. La scelta di Rockstar e di una scuola di game design molto occidentale passa per trama, dialoghi e tecnologie. L.A. Noire di pagine di sceneggiatura ne ha duemila. È un poliziesco, un giallo psicologico, una storia adulta. La faccia è quella dell’attore Aaron Staton (Mad Men) che qui è Cole Phelps un detective del dipartimento di polizia di Los Angeles. Il gioco consisterà principalmente nel ricostruire i fatti, interrogare i testimoni, insomma scoprire la verità. La tecnologia pare essere stata inventato a tale scopo. Per la prima volta invece di registrare in momento separati dialoghi, animazioni e sessioni di motion capture il sistema sviluppato da Team Bondi con Depth Analysis fonde i processi in un’unica sessione, passando dalle riprese direttamente alle figure digitali in 3D. Sapremo se funzionerà solo quando, durante un interrogatorio, ci basterà guardare in faccia il test per capire se mente.