Luca della Pixar "l’à a belessa de l’ase"

Quando te lo dice un genovese puoi prenderla bene o male a seconda se traduci “ase” come età o “asino”. Ad ogni modo non è mai un complimento. Parliamo di Luca l’ultimo film della Pixar scritto e diretto da Enrico Casarosa, nato e cresciuto in Liguria. Ecco Luca non è un capolavoro. Lo dice uno che non vedeva l’ora di sedersi sul divano e spiegare al figlio di sei anni: “vedi questa è Liguria…”, “io vivevo lì quando avevo la tua età” “vedi…questo è il mare di papà…”, “qui prima o poi ci andiamo…eh”. E quindi non vedeva l’ora di rovinare il film al figlio. E invece ti trovi ammutolito: con i liguri che fanno il gesto del carciofo con al mano manco fossero Totò e Peppino. Ti irrigidisci all’inizio. Ma ti accorgi subito che il tuo non è un problema di carattere regionale.
Ritrovi l’Italia degli anni Cinquanta-Sessanta come l’hai vista centinaia di volte, con gli stereotipi più classici come la Vespa, il gelato, la pasta, il baffo nero e il gesticolare teatrale.  L’effetto è quello di assistere allo stand-up di quei comici americani che ti fanno il verso strascicando la nostra parlata con l’intenzione di renderla musicale: topo “ViVVa la mammma”, con tre emmme.
Non ci rimani male ma provi a capire perché, se ci pensi, anche Coco sempre Pixar ma ambientato in Messico era  pieno di sombreri e chissà di quanti facili luoghi comuni fastidiosi. Il problema non è la rappresentazione dell’italianità che deve essere riconoscibile e universale in un film di animazione. Il problema di Luca è Luca. Partiamo dall’inizio.

Luca è ambientato in un paesino fittizio che si chiama Portorosso. Il protagonista, Luca appunto, è un mostro marino bambino che lavora come “pastore” sott’acqua. I suoi genitori gli raccontano di non uscire mai dall’acqua perché il mondo fuori e brutto e pericoloso. Attratto da quello che avviene in superficie scopre che fuori dall’acqua si trasforma in umano. Conosce Alberto, che come lui è un mostro marino e decide di abbandonare la famiglia  per scoprire un mondo nuovo a bordo di una Vespa. Ammetto che messa così la trama non è il massimo. Ma dentro sono riconoscibili tutti i temi cari alla Pixar: il valore dell’amicizia, la meraviglia del crescere, l’accettazione delle diversità. Cosa manca quindi? Manca il guizzo della migliore Pixar, quel suo saperti sorprendere raccontandoti una storia che non sai mai che direzione prende ma arriva sempre là dove deve arrivare. Intendiamoci, con Luca ci si diverte ma non si ride mai davvero. Si piange, ma  giusto qualche lacrima. Come direbbero a Genova, è una “mezza botta”, non ti lascia quelle voragini nel cuore come Toy Story, Monster o Up. Non è brutto ma neanche bello.
Ps… Quasi sicuramente il problema è mio, che sono ligure, tendente al mugugno e di quelli che le cose troppo estive e leggere anche no.