Las Vegas. All'hotel Mirage c'è Blt dove si esibisce lo chef Laurent Tourondel. E' un posto dove si mangiano gli american burger, con tavoloni di legno e tovaglie di carta. Ma il fatto che ci sia uno chef di mezzo rende il tutto più sofistato perché il buger al Blt non è un banale un burger. Ci hanno lavorato sodo. Diciamo che è una reinterpretazione del piatto americano. I prezzi peraltro sono accessibili. Per un panino, patatine e birra chiedono tra i quindici e i venti dollari. Così si va di pane e carne trita. Il mio socio ordina tre mini-burger con manzo kobe, che non è quello giapponese nel senso che non viene dalla prefettura di Hyogo, ma la razza è stessa. Gli americani sostengono che è buono comunque anche se non è marmorizzato e tenero come quello nipponico. In effetti per essere buono è buono. In più le salsine francesi spalmate sopra in dosi omeopatiche donano alla carne quel qualche cosa di impercettibile che le rende appetitosa e intrigante. In realtà ad apprezzare siamo i soli, perché ai tavoli vicini ingurgitano senza battere ciglio. Probabilmente è una questione culturale. Noi europei forse apprezziamo e commentiamo più il cibo degli americani. Mentre formulo questo giudizio accanto a noi due minorenni del Texas evidentemente sovraeccitati per essere a Las Vegas si tirano blocchi di cibo masticato sotto lo sguardo divertito delle loro fidanzatine che non ripetono il gesto ma non fanno nulla per fermare i due bipedi sghignazzanti. Mentre uno dei due finge di strozzarsi con una palla di carne, mi accorgo che alle sue spalle c'è un nero particolarmente aitante. Sembra uno di quei ballerini da musical americano, fisicamente perfetti ma dallo sguardo bovino. Lui aspira avidamente il suo milkshake e "puccia" (intinge) un cetriolo nella panna. Già il fatto di dividere la carne trita con il latte mi mette in difficoltà. Così mi blocco. Fissare le persone non sta bene, ma è un difetto da cui non riesco a sfuggire. Ho assistito al consumarsi dell'interno cetriolo ma in realtà pensavo a Tourondel. Immaginavo lo chef spiegare molto educatamente ai suoi clienti come ha interpretato il burger, quali sapori ha voluto evocare, quali alchimie ha messo in pratica per dare nuova vita al piatto più popolare degli Stati Uniti. E in risposta mi immaginavo i commensali rispondere con un rutto collettivo potente quanto un barrito di un mammut. Questa immagine mi ha riconciliato con il popolo americano.
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