Wolfenstein ritorna. Come i ricordi

Nei primi anni novanta l'aria nella mia cameretta si tagliava con il coltello. Poca luce, il computer sempre acceso, briciole, piatti con avanzi di cibo nascosti, libri impilati in ordine rizomatico. Insomma, una cuccia. Il mio videogioco per sedare i nervi era Wolfenstein 3D, naturalmente per pc. Per chi non se lo ricordasse è lo sparatutto in prima persona della Id Software, quello dei nazisti nel labirinto. Tutto molto semplice, arma al centro dello schermo, porta da aprire dietro le quali nazisti basculanti ti vengono in contro per farti fuori. Come definirlo? Claustofobico, infernale e ripetitivo. Ricordo di essere arrivato fino in fondo al gioco facendo fuori tutto il Terzo Reich. Ricordo le porte tutte uguali aprirsi con un fischio, gli addobi sempre uguali, le svastiche appese che diventavano più preziose al passaggio di livello. Ricordo iinfine i gingle di musica elettronica anni ottanta (Pac-man docet). Un sacco di ricordi. Tanto che quando ho visto lo stesso gioco disponibile sul network della Ps3 non ho resistito e me lo sono scaricato. Giocarlo con il joypad è un abominio. Mi sono subito stancato. Anche come opera di recupero archeologico (gli sparatutto in poco meno di vent'anni sono diventati immensamente più belli e realistici)  non ha funzionato un granché. Nessun deja vu neppure la suggestione di rivivere qualche sensazione di quegli anni. Adesso mi dicono uscire un Wolfenstein rivisto e rimaneggiato per il nuovo secolo. Chissà. Ma ho come l'impressione che l'aria spessa della mia cameretta non tornerà più.
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A meno di trasformare casa mia in un luogo tossico.